La tavola rotonda dal titolo “Ho mangiato violenza e freddezza. La genesi della psicopatia”,
presentata durante il seminario della SAPP “I bambini ci guardano” (17 dicembre 2022), dalla
dott.ssa Giulia Platano, dal dott. Matteo Manganozzi, dalla dott.ssa Annamaria Mandese, dal dott.
Angelo Bruschi e dal dott. Piero Petrini, ha voluto esplorare le origini psicopatologiche della
psicopatia, da un punto di vita psicodinamico, neurobiologico e clinico, puntando il focus sul
bambino futuro psicopatico.
Dai contributi è emersa l’importanza di considerare all’origine della psicopatia un incastro tra
predisposizione biologica e contesto ambientale. Alterazioni a livello neurobiologico, sia strutturale
che funzionale, presenti in questi soggetti, assieme ad un contesto familiare violento, abusante,
trascurante e neglectante nei confronti del loro mondo emotivo, possono portare allo strutturarsi
nel mondo interno del bambino di un’incapacità di amare e di sperimentare in maniera autentica le
proprie e altrui emozioni.
Questi bambini, per difendersi da un oggetto troppo pervasivo e distruttivo, devono
necessariamente scindere e segregare una parte di sé e questo porta al congelamento di tutte le
emozioni e allo sviluppo di un nucleo gelido (Cleckley, 1941), rendendo il piccolo futuro psicopatico
un essere “gelato e raggelato”.
Per comprendere meglio la genesi della psicopatia, attraverso il modello del PPM, sono stati
approfonditi i paradossi in cui il bambino viene pian piano letteralmente imprigionato e attorno ai
quali si strutturerà la sua organizzazione di personalità e che dovranno essere necessariamente
oggetto di elaborazione terapeutica.
Dunque, il fil rouge di questa tavola rotonda è stata l’esigenza e la necessità di riconoscere e
comprendere le dinamiche del mondo interno di questi bambini e poter così rispondere alla
domanda fondamentale del seminario “Cosa dire loro?”, poiché ciò significa già di per sé fare un
vero intervento di prevenzione della psicopatia, dal momento che forse per la prima volta vengono
pensati e rappresentati.
Gli interventi terapeutici dovranno favorire il lavoro del preconscio, aiutando questi soggetti a
mettere in parola ciò che hanno conosciuto, ma non pensato. È importante quindi sintonizzarsi in
maniera empatica e autentica con la loro modalità di funzionamento e accompagnarli nel viaggio di
elaborazione dei paradossi che sarà lungo e tortuoso, cominciando così a far emergere una qualche
forma di riparazione che permetterà di rendere i loro oggetti interni distruttivi in una forma più
tollerabile.
Dott. Giulia Platano (Tirocinante S.A.P.P.)
Dott. Matteo Manganozzi (Tirocinante S.A.P.P.)
Lascia un commento